Le persone con disturbo dissociativo complesso hanno un'organizzazione dissociativa della loro personalità che risulta composta da due o più parti dissociative, ciascuna con risposte, sentimenti, pensieri, percezioni, sensazioni fisiche e comportamenti sue proprie e, almeno in parte, differenti. Queste parti (non importa quanto vengano sentite come separate) non sono altre "persone" o "personalità complete", ma piuttosto delle manifestazioni del modo in cui la tua singola personalità è organizzata. La persona è una sola, anche se è comprensibile che non sempre si senta in tal modo.
Sebbene ogni persona possa avere alcuni tratti distintivi delle sue parti dissociative, vi sono alcune tipiche somiglianze in comune nel funzionamento di base delle parti. Quando una persona è stata traumatizzata, la sua personalità si è in genere organizzata in almeno due tipi di parti, basate su funzioni specifiche. Il primo tipo di parte è focalizzato sulla gestione della vita quotidiana e l'evitamento dei ricordi traumatici, mentre il secondo tipo è bloccato nelle esperienze traumatiche passate ed è focalizzato sulla difesa di fronte alla minaccia. La parte della personalità che funziona nella vita quotidiana spesso comprende la porzione maggiore della personalità. Questo tipo di parte di solito evita di avere a che fare con, o persino di riconoscere, altre parti, sebbene ne possa comunque subire l'influenza in vari modi. Questa parte tende a evitare situazioni o esperienze che possano evocare ricordi traumatici. Mentre la parte che affronta la vita di ogni giorno è evitante, almeno un'altra parte, e di solito più di una, resta "incastrata", bloccata nei ricordi traumatici e pensa, sente, percepisce e agisce come se tali eventi fossero ancora in corso o fossero in procinto di accadere nuovamente. Queste parti sono tipicamente bloccate nella ripetizione di comportamenti che sono protettivi in caso di minaccia, anche quando non sono appropriati per il momento presente. Queste parti sono spesso altamente emotive, non molto razionali, limitate nella capacità di pensare e percepire, non orientate nel tempo presente e si sentono sfinite e sopraffatte. Vivono primariamente nel "tempo del trauma". Anche quando le parti sono a conoscenza della loro reciproca esistenza, spesso non sono in accordo tra loro sulle questioni che sono importanti per la persona nel suo complesso. Uno degli obiettivi della terapia è imparare a sviluppare le abilità necessarie per far accordare tra loro le parti. La maggioranza delle parti dissociative influenzano la tua esperienza dall'interno piuttosto che esercitare un completo controllo (come può essere in un DDI). Vi sono diversi tipi caratteristici di parti della personalità che restano bloccate nel tempo del trauma. Queste parti sono rappresentazioni di conflitti ed esperienze abituali che tendono ad essere difficili da integrare. Parti giovani e bambine (parti ferite). Queste parti spesso contengono e trattengono ricordi traumatici, emozioni o sensazioni angosciose, dolorose, ma talvolta hanno anche ricordi positivi. Queste parti esprimono tipicamente sentimenti di desiderio, di solitudine, di dipendenza e di bisogno di consolazione, aiuto e sicurezza insieme a sfiducia e timore del rifiuto e dell'abbandono. E' del tutto naturale e comprensibile che le persone che sono state trascurate o abusate vivano queste esperienze di bisogno. Allo stesso modo è piuttosto comune che altre parti di sé trovino questi normali bisogni ripugnanti o pericolosi, visto che in passato hanno avuto esperienze negative nell'esprimere quello che volevano o di cui avevano bisogno. Perciò alcune parti della personalità rifiutano le parti "bisognose" e ritengono che sia meglio non avere bisogni e contare solo su sé stessi. Questa situazione innesca un tipico conflitto interno tra parti che sono bisognose e parti che provano paura o repulsione per tali bisogni. Parti che imitano le persone che vi hanno fatto del male (parti difensive). Di solito vi sono parti della personalità piene di rabbia e collera che sono difficili da accettare e che vengono vissute da altre parti come terrorizzanti. Queste parti umiliano, minacciano o puniscono altre parti interne oppure possono dirigere la loro rabbia verso altre persone nel mondo esterno. Nonostante il comportamento di queste parti possa essere piuttosto spaventoso e vergognoso, tanto quanto inaccettabile, è importante capire che queste parti hanno delle buone ragioni per esistere. In origine si sono sviluppate per proteggerti, contenendo le molte esperienze angosciose di rabbia, impotenza e talvolta la colpa e la vergogna. Parti che lottano (parti difensive). Alcune parti arrabbiate sono bloccate in una lotta difensiva contro una minaccia. Queste hanno la funzione esplicita di proteggere la persona attraverso risposte combattive verso altre persone o verso parti interne che in qualche modo evocavano minaccia. Le parti combattive spesso ritengono di essere forti, di non essere state ferite e sono capaci di mettere in atto reazioni fortemente aggressive nei confronti di minacce percepite o di comportamenti irrispettosi. Parti che provano vergogna (parti sofferenti). La vergogna è l'emozione principale che mantiene la dissociazione. Alcune parti della personalità sono particolarmente evitate e vituperate perché custodiscono esperienze, sentimenti o comportamenti, che la persona, o alcune parti, ha etichettato come degne di vergogna o disgustose. Sarà necessario essere particolarmente empatici e pieni di accettazione nei confronti di queste parti. Le parti dissociative che funzionano nella vita quotidiana vogliono avere a che fare il meno possibile con le parti dissociative bloccate nelle esperienze traumatiche. Le parti bloccate nel tempo del trauma si sentono spesso abbandonate e trascurate da quelle che cercano di tirare avanti senza di loro nella vita di tutti i giorni. Questi perduranti conflitti interni possono essere dolorosi e terrorizzanti e costano alla persona con disturbi dissociativi un enorme dispendio di energia Come detto in precedenza, tutte le parti hanno bisogno di imparare ad accettare e cooperare tra loro. Bibliografia: S. Boon, K. Steele, O. van der Hart - "La dissociazione traumatica comprenderla e affrontarla" - Mimesis
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Il modello teorico della Dissociazione che vorrei esporvi oggi è quello proposto da G. Liotti (e collaboratori). Tale modello prevede che sintomi dissociativi di rilievo clinico si presentino quando ci si trova ad affrontare un trauma che attiva il sistema motivazionale di attaccamento ma ciò non basta, tale sistema deve essere regolato da un modello operativo interno di tipo disorganizzato oppure ci devono essere impedimenti ambientali ad avere risposte alle esigenze di cura e conforto. Se non si verificano queste due ipotesi, i sintomi dissociativi saranno solo transitori.
Ricordiamo che la disorganizzazione dell'attaccamento è dovuta alla simultanea attivazione del sistema di difesa, a causa dalla paura indotta dal caregiver, e del sistema di attaccamento; il bambino in questa situazione sperimenta paura e impotenza ("paura senza sbocco"). Il caregiver può provocare paura nel bambino in due modi, mentre lo accudisce, attraverso atteggiamenti apertamente aggressivi (caregiver spaventante) o attraverso il contagio emotivo come accade quando inconsapevolmente esprime paura legata alle proprie memorie dolorose (caregiver spaventato/impotente). Il protrarsi di questa situazione porta il bambino a veri e propri sintomi dissociativi: comportamenti contraddittori e incoerenti (avvicinamenti al caregiver seguiti in maniera abnormemente veloce da movimenti di allontanamento) come se vi fossero due centri in conflitto incapaci di integrarsi in una soluzione unitaria; altre volte le risposte suggeriscono detachment dissociativo per cui il bambino appare estraniato, resta improvvisamente immobile e con lo sguardo assente o si irrigidisce. L'utilizzo di altri sistemi motivazionali interpersonali (rango, accudimento, formazione della coppia sessuale) riesce ad inibire il sistema di attaccamento nelle persone che provengono da una storia di attaccamento disorganizzato e quindi a proteggere, anche per molti anni, dall'esperienza della dissociazione. Un trauma causa dissociazione patologica e durevole perché induce il collasso delle strategie controllanti (punitiva, accudente, sessuale o evitamento relazionale) preesistenti. Un effetto simile lo si può avere anche per eventi non apertamente traumatici, ma capaci di invalidare una strategia controllante sul piano comportamentale o dei significati personali. Prima che un nuovo trauma o altri eventi di vita capaci di invalidare le strategie controllanti portino all'emergere di sintomi dissociativi, un disturbo traumatico dello sviluppo può essere suggerito a volte solo da sintomi tipici di altri disturbi come la depressione, l'ipocondria o attacchi di panico (e altri) e dai disturbi di personalità che possono derivare dall'uso continuo e coercitivo di strategie controllanti, dall'inibizione dell'attaccamento e dai deficit metacognitivi che ne conseguono. Vedi anche i seguenti articoli: - Dissociazione...un fenomeno sottovalutato - I sistemi motivazionali Bibliografia: G.Liotti, B. Farina - "Sviluppi traumatici" - Raffaello Cortina Editore Iniziamo col dire che non è possibile parlare di dissociazione senza parlare di trauma visto che i due concetti sono strettamente interconnessi.
Partiamo dalla definizione di trauma psicologico secondo il DSM: "L'esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni gravi, o altre minacce all'integrità fisica", è considerato però trauma anche una minaccia alle nostre relazioni significative, continua infatti la definizione con "Un evento che comporta morte, lesioni o altre minacce all'integrità fisica di un'altra persona; o il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata, di grave danno o minaccia di morte o lesioni sopportate da un membro della famiglia o da altra persona con cui si è in stretta relazione". Questa definizione appare però insufficiente a capire come mai alcune persone rimangano traumatizzate da un evento e altre, esposte alla stessa situazione, no. Qui ci viene in soccorso un'ulteriore precisazione: la risposta al trauma comprende "paura intensa, sentimenti d'impotenza o di orrore". L'elemento di percepita totale impotenza appare di cruciale importanza nella stessa definizione di trauma. In questo senso, il trauma è definito come un evento emotivamente non sostenibile per chi lo subisce, meno importante è la gravità oggettiva. La possibilità di reagire efficacemente a una minaccia pone dunque il confine tra un'esperienza estrema e grave ma non necessariamente patogena e il trauma psicologico. Vivere una situazione minacciosa alla quale è impossibile sottrarsi o reagire efficacemente neutralizzandola, e contro la quale non si ottiene sufficiente aiuto o sostegno da altri, genera un senso di sfiducia conseguente all'impotenza, che diventa uno degli elementi clinici più comuni e importanti nei disturbi correlati ai traumi. Anche senso di colpa e vergogna sono due emozioni comuni nelle persone traumatizzate. Esse derivano dalla percezione di mancato controllo della situazione, durante l'evento traumatico, che viene imputato ad una mancanza personale o ad un proprio difetto invece, come sarebbe corretto, alla disattivazione del corpo durante la dissociazione. La dissociazione è un disturbo della coscienza che deriva da quelle intense emozioni di paura e impotenza senza sbocco che provocano un cedimento strutturale della stessa. Ora vedremo le varie forme e i modi di presentarsi della dissociazione utili per saperla riconoscere. Un elenco parziale dei sintomi con cui possono manifestarsi i processi disintegrativi comprende derealizzazione, depersonalizzazione, stati di confusione mentale, stati di trance e possessione, stati di assorbimento e attenzione divisa, amnesia psicogena, ricordi intrusivi, gravi difficoltà nell'organizzare narrazioni autobiografiche coerenti, confusione e alterazione del senso d'identità, stati dell'io multipli e non integrati e gravi difficoltà a regolare gli stati emotivi. Per mettere ordine in questa moltitudine di sintomi, anche sulla base del loro ipotizzabile diverso meccanismo di genesi, è stato proposto recentemente di ripartirli in due categorie: detachment (distacco) e compartmentalizazion (compartimentazione) (Holmes e al. 2005). I sintomi dissociativi di distacco rimandano tutti, direttamente, all'esperienza di sentirsi alienati dalle proprie emozioni (numbing emotivo), dal proprio corpo (depersonalizzazione), dal senso usuale di familiarità di realtà ambientali note (derealizzazione). La forma di coscienza che appare alterata nel distacco o alienazione è quella in prima persona, nota nella scienza cognitiva anche come coscienza fenomenica. Il mondo della coscienza fenomenica è il mondo dei qualia (es. di qualia sono: il sapore di una mela, il profumo di una rosa...esperienza che tutti noi conosciamo ma che non sappiamo descrivere se non approssimativamente), caratterizzato da un'evidente natura qualitativa, preverbale, dei suoi componenti: sensazioni, sentimenti, emozioni e in genere immagini mentali fra le quali un ruolo centrale per la coscienza è svolto dall'immagine corporea (Damasio, 1999). Il primo effetto patogeno del trauma è quello di "far perdere confidenza con l'esperienza interna" (Albasi, 2009). I sintomi dissociativi di compartimentazione riguardano invece la coscienza in terza persona o cognitiva, chiamata anche coscienza di accesso, perché i suoi componenti sono prevalentemente verbali o rappresentati da immagini mentali alle quali si ha accesso cosciente, e spesso deliberato, attraverso la parola. In questo tipo di sintomi, sono impediti i confronti e le connessioni semantiche fra contenuti mentali che normalmente dovrebbero poter entrare simultaneamente nel campo della coscienza. Esempio prototipico è quello dell'amnesia dissociativa in cui un ricordo non è più accessibile a causa del processo dissociativo a differenza delle emozioni associate al trauma che si ripresentano. Esiste anche una forma di dissociazione somatoforme in cui i sintomi dissociativi hanno origine comune in un deficit integrativo di tipo bottom-up, causato dalla mancata integrazione dei dati provenienti dai centri nervosi inferiori, sedi delle afferenze e delle memorie somatoviscerali (bottom), con le capacità rappresentazionali e riflessive della coscienza (up). I sintomi che ne derivano variano da quelli di conversione, in cui sono alterati le funzioni, il controllo e la consapevolezza di alcune parti del corpo, a sindromi dolorose psicogene, a somatizzazioni. Bibliografia: G. Liotti, B. Farina - "Sviluppi traumatici" - Raffaello Cortina Editore P. Ogden, K. Minton, C. Pain - "Il Trauma e il Corpo" - Istituto di Scienze Cognitive Editore |
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Blog del Dr. Fabio Boccaletti - Psicologo e PsicoterapeutaCategorie
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