In questi giorni il diffondersi del Coronavirus (COVID-19) è da considerarsi un evento psicologicamente critico impattante nei nostri territori.
E’ importante essere consapevoli del livello di efficienza e prontezza d’intervento delle nostre Istituzioni e reti sanitarie. Sono attivati una serie di Servizi e interventi per rilevare l’andamento della diffusione del virus nonché per la cura dei contagiati in Italia che altri paesi europei non sembrerebbero aver disposto con questa capillarità. Questo è un merito italiano per il forte orientamento al servizio che è stato dato alla sanità pubblica, sicuramente migliorabile ma evidentemente di livello. Sono state prese delle misure cautelari da parte delle Istituzioni molto significative e fortemente protettive per noi cittadini in via preventiva e anche gli ospedali si sono attivati offrendo servizi. Nulla è stato perfetto e tutto è migliorabile ma la reazione c’è stata ed è stata messo in campo tempestivamente e capillarmente. A fronte di una valutazione del rischio sanitario, assistiamo ad una indubbia ed intensa traumatizzazione psicologica individuale e collettiva sulla base della “fama” che il virus ha acquisito. L’evidente traumatizzazione psicologica si è evidenziata su due livelli: sia personale, per le persone direttamente colpite e per i loro famigliari, che collettiva, nel rispecchiamento e nelle immagini che provengono dall'angoscia generale. La dinamica che si sta presentando è di un passaggio dal funzionamento del nostro sistema nervoso Ventrovagale (livello di capacità riflessive e logiche) al sistema di Attacco e Fuga in cui è prioritaria l’azione difensiva disconnessa dalle capacità più evolute del sistema Ventrovagale. Tale passaggio si rileva per esempio dai supermercati con scaffali svuotati, dai negozi poco affollati, dalle persone di origine cinese anche bambini che vengono isolate o addirittura maltrattate, corsa alle mascherine e disinfettanti, ecc. Le conseguenze emotive e psicologiche della traumatizzazione posso essere alleviate parlando con uno psicologo che ci può aiutare ad elaborare il momento e seguendo i consigli pratici elencati sotto. CONSIGLI PRATICI PER I CITTADINI 1) Privilegiamo come fonti di informazioni soprattutto i canali ufficiali. - Ministero della Salute: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus - Istituto Superiore di Sanità: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/ Nei momenti di emergenza in cui la paura e l‘irrazionale inevitabilmente rischiano di prendere il sopravvento, bisogna prendersi cura di sé e non mettersi in condizione di esporsi a informazioni non adeguate e non qualificate incorrendo in fake news o notizie emozionalmente cariche di vissuti ma non basate su dati oggettivi. 2) Scegliere 2 momenti al giorno per informarsi e il canale attraverso il quale si vuole farlo. L’esposizione continua alla mole di informazioni via web, radio e TV fa rimanere in stato perennemente eccitatorio il nostro sistema di allerta e paura. Per questo meglio scegliere uno o due momenti al giorno nei quali informarsi. 3) Seguire i consigli sulle norme di igiene indicate dal Ministero della Salute. 4) Non interrompere per quanto possibile la propria routine. In contesti emergenziali bisogna ancorarsi a ciò che è certo, noto e prevedibile. Continuare il lavoro e le proprie abitudini laddove possibile. Rispetta sempre le norme di sicurezza vigenti. 5) Attività fisica ed esporsi all’aria aperta anche da casa è importantissimo (balcone, finestra aperta al sole, giardino). Scaricare le tensioni attraverso “il fare” permette un migliore riposo notturno. 6) Riposarsi adeguatamente. Attività rilassanti serali, meglio non vedere notiziari o speciali sul Coronavirus prima di addormentarsi per non scivolare nel sonno con emozioni negative o con senso di allerta. 7) Mangiare nel modo più regolare possibile e bere acqua. Mangiare molta frutta, verdura e alimenti rafforzativi del sistema immunitario. Possiamo combattere attivamente il Coronavirus rendendo più sano e forte il nostro organismo. 8) Parlare e passare del tempo con la famiglia e gli amici. Avere restrizioni di movimento NON significa annullare la socializzazione: utilizziamo videochiamate, Skype e insegniamo ai più anziani come fare per non rimanere "isolati nell'isolamento". 9) Parlare dei problemi con qualcuno di cui ci si fida. Scegliere le persone con cui avere un confronto empatico e costruttivo. 10) Fare attività che aiutano a rilassarsi: yoga, training autogeno, meditazione, leggere, giardinaggio, ecc. 11) Stacca la spina! Ricordati di parlare di altro, distrarsi e uscire dal loop di discorsi angoscianti e catastrofisti serve a rafforzarci (ansia e rabbia costanti indeboliscono il sistema immunitario). Vedi anche il seguente articolo per capire quelle che possono essere reazioni normali in questi casi: - Disturbo da Stress Post-traumatico
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Come si possono riconoscere i vari disagi psicologici? Vediamolo attraverso le esperienze di alcune persone. Paolo ha seriamente pensato di morire quando, trovandosi alla guida della sua auto, ha improvvisamente sentito un forte dolore al petto, un aumento repentino del ritmo cardiaco e uno strano formicolio agli arti superiori. Convinto di essere stato colpito da infarto, ha chiesto al fratello di prendere il suo posto alla guida e di accompagnarlo subito al pronto soccorso dove, dopo un attento esame, i medici hanno escluso la presenza di cardiopatie. Da un paio di mesi Carla è molto preoccupata per il proprio equilibrio mentale. Si è sempre considerata una donna razionale e determinata, ma da qualche tempo le capita, saltuariamente e “a ciel sereno”, di avvertire un’intensa “fame d’aria” e una sensazione di “testa leggera” e sbandamento, si sente distaccata da sé stessa e teme enormemente che prima o poi perderà il controllo di sé. Nonostante tale timore, non ha cambiato in modo significativo il proprio stile di vita. Si tratta di: Disturbo da attacchi di panico Corrado ormai da anni conduce una vita molto ritirata. Dopo un periodo caratterizzato da frequenti attacchi di panico, ora si dice terrorizzato dall’idea di poterne avere altri. Non prende più mezzi pubblici, non usa più l’automobile, evita le code e i luoghi affollati, non viaggia, e dopo alcuni mesi di aspettativa ha ottenuto di poter svolgere il suo lavoro da casa attraverso l’uso del computer. Si allontana dalla sua abitazione solo in caso di stretta necessità e solo se accompagnato da un familiare. Si tratta di: Agorafobia Marta racconta cosa le capita tutte le volte che ha un appuntamento di lavoro: "Mi preoccupavo anche prima di andare al lavoro. Pensavo che se la mia macchina si fosse rotta avrei fatto tardi all'appuntamento, avrei dovuto tirar fuori una scusa e il mio capo si sarebbe arrabbiato con me. E se poi mi avessero chiesto un'opinione su qualcosa e non fossi stata preparata? Mi preoccupavo costantemente, chiedendomi se avevo fatto la cosa giusta o se avevo sbagliato qualcosa nella relazione. E se non fosse andata bene? Avrebbero pensato che sono un incompetente. E se si fossero pentiti di avermi assunta? Cosa avrei detto se mi avessero chiesto qualcosa che non sapevo? Era davvero troppo. Mi preoccupavo sia prima che durante l'incontro col capo e, una volta tornata in ufficio, non ne potevo più. Mi sembrava di aver combinato un disastro e scoppiai a piangere." Si tratta di: Disturbo da ansia generalizzata Enrico, neo assunto in un’azienda che si occupa di comunicazione e marketing, deve esporre un progetto al suo superiore: si tratta del primo lavoro che gli viene affidato, il cliente è un piccola ditta, ma è l’occasione per dimostrare le sue potenzialità nella nuova azienda. Quando comincia a parlare gli trema la voce, tossisce, sente le mani che sudano, una vampata di calore arriva fino al volto. Si sente arrossire, preme velocemente sul computer le freccette per andare avanti con la presentazione: salta una slide, sorride nervoso, torna indietro. Continua a pensare a cosa si nota da fuori (a cosa potrebbero vedere gli altri), cerca di calmarsi, ma la sensazione di non aver controllo sul proprio corpo lo agita ancora di più. Non vede l’ora che sia finita: in cinque minuti ha già esposto la sua idea al superiore, che lo guarda perplesso. Si tratta di: Disturbo da ansia sociale Giulia è una donna di cinquant’anni, sposata, ha due figli che frequentano l’università e fa la giornalista. È sempre stata una donna dinamica, attenta alla sua salute e all’aspetto fisico e ha uno stile di vita sano. Una forte bronchite la costringe a letto per un paio di settimane, ma una volta guarita sente di non stare del tutto bene. Avverte difficoltà a respirare, si stanca con facilità, sente dolori al petto. Si reca dal medico che le prescrive alcuni controlli: gli esami non rivelano ulteriori problematiche. Giulia è sana, ma nella sua mente è costantemente presente il pensiero di essere afflitta da una grave patologia, che i medici non sono ancora riusciti a identificare. Inizia un lungo iter presso vari specialisti, i quali svolgono tutti gli accertamenti del caso e spesso indirizzano verso ulteriori controlli. Nel frattempo, Giulia si sente sempre peggio, aumentano i sintomi e diventano più dolorosi e frequenti. Preoccupata dall’assenza di una diagnosi che giustifichi il suo malessere, Giulia avverte i figli, prenotando anche per loro controlli specifici. Alcuni professionisti cominciano a indicare la possibilità di un’origine psicologica del problema, anche se a tutti sembra impossibile: Giulia non ha mai sofferto d’ansia, è una donna molto razionale, pragmatica e punto di riferimento per molte persone. Si tratta di: Disturbo da ansia di malattia Alice è una giovane laureata, attualmente ha una borsa di studio in università, dove si occupa di ricerca, e frequenta un master di specializzazione; è fidanzata con Davide da anni e sono da poco andati a convivere. La vita di Alice sembra perfetta e invidiabile: è in buona salute, fortemente stimata nel suo ambito, ha una famiglia che le vuole bene. Tuttavia, Alice vive costantemente una sensazione di insoddisfazione, mancanza di interesse per quello che fa, si sente costantemente stanca, la testa è pesante. Riflette su quello che ha e si sente in colpa, in fondo non può lamentarsi di nulla. Ogni minima delusione si trasforma in una ferita profonda e ogni gesto, ogni sguardo, ogni parola a lei rivolti sono segnali di critiche o giudizi negativi. Passano i giorni, e Alice si rende conto che non c’è via d’uscita: pensa continuamente a quanto si sente male e pur provandoci non riesce ad agire diversamente. Perde peso, dorme male, limita gradualmente tutte le attività extra lavorative. Spesso pensa che ogni giornata porti con sé compiti inaffrontabili, comincia a stare sempre più tempo in casa, smette di andare a lavorare. Si tratta di: Disturbo depressivo Ogni volta che rientra in casa Marina toglie le scarpe e le infila in una busta prima di riporle nella scarpiera. Poi toglie tutti i vestiti e li appoggia in una sedia adibita a questo scopo che tiene vicino all’ingresso. Va poi al bagno a lavare le mani, gli avambracci e il volto; ogni parte viene lavata più volte, fino a 20 volte. Infine, prima di indossare i “vestiti puliti da casa”, passa un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante sui capelli e sugli occhiali. Alla fine di queste operazioni Marina si sente “pulita”, intendendo con ciò l’impressione che su nessuna parte del suo corpo siano depositate sostanze contenenti germi o altro “sporco”. Alberto, tutti i giorni, prima di andare a letto controlla che la manopola del gas sia chiusa; questa operazione richiede tutti i giorni dai 15 ai 25 minuti: dopo aver girato la manopola del gas, Alberto apre e richiude la manopola un preciso numero di volte, controlla ripetutamente che la manopola sia perfettamente orizzontale, controlla il grado d’inclinazione rispetto alle piastrelle della parete. Il controllo finisce quando Alberto si sente “abbastanza sicuro che il gas sia chiuso bene”. Si tratta di: Disturbo ossessivo compulsivo Improvvisamente mi trovo in un posto e non ho idea di come ci sono arrivato, o perché stavo andando lì. Torno a casa, apro il frigo e vedo il formaggio. E dico: "A me non piace il formaggio"...E vado a fare la spesa di nuovo. Capita molte volte, trovo cibi acquistati che non mi sono mai nemmeno piaciuti. Improvvisamente, "torno in me", ricordo come ho cominciato a fare ciò che stavo facendo, fino al momento in cui, non so nemmeno come, è subentrato il pilota automatico. Non riesco però a descrivere ciò che è avvenuto nel mezzo. Mia moglie mi ha riferito quello che ho detto, so che sta dicendo la verità, e ho notato che lei era davvero preoccupata. Ricordo solo l'inizio, e mi ricordo che ero arrabbiato, e mi ricordo di come lei stava reagendo. Vorrei poterti dire che abbiamo avuto una discussione normale, senza arrivare a tanto. Ma l'ho insultata, mio Dio, L'ho anche spinta...non l'avevo mai fatto, mi rivedo a fare quello che ha fatto mio padre, che è l'ultima cosa che vorrei per la mia famiglia. Trovo difficile crederci, perché non mi ricordo di aver fatto tutto quello che lei dice... Si tratta di: Amnesia dissociativa Quando avevo 12 anni, ho iniziato a giocare con la mia coscienza, attivandola o spegnendola quando volevo, proprio come si preme un tasto on-off volontariamente. Sceglievo quando essere consapevole di quello che stava accadendo intorno a me e quando non percepire nulla, anche se sembrava che fossi normalmente presente, partecipavo a una conversazione come tutti gli altri, solo che la mia bocca si muoveva in modo automatico...E' come stare in una bolla di vetro dentro il mio corpo, che agisce in modo autonomo mentre l'altro dorme imperturbabile. Lasciavo il mio corpo, mi vedevo dal di fuori, come sto vedendo lei adesso. La prima volta che è successo ero un bambino, in seguito è capitato diverse altre volte. La mia testa e il mio corpo si scollegano. A volte mi vedo fare le cose, ma è come fossi un robot. La mia testa osserva, ma tutto avviene automaticamente. Le parole escono dalla mia bocca senza che possa decidere quello che dico, non riesco a controllarlo...Una volta ho gridato a X e le ho dato della "puttana", e davvero non so perché l'ho fatto...Non ero io... E' come se il mio corpo non mi appartenesse. A volte, non me ne accorgo nemmeno. Qualche volta è molto doloroso. Lascio, abbandono il mio corpo...Poi mi devo tagliare, o bruciare, o farmi male...Così posso "tornare indietro". Si tratta di: Depersonalizzazione Tornai a casa, capivo che era casa mia ma non riuscivo a riconoscerla. Nulla in quel luogo sembrava familiare. Ero davvero spaventato, rimasi bloccato. Non sapevo cosa fare. Per un momento, tutto appariva come un film, era come vivere nel Medioevo e tutti sembravano dei personaggi. Io stesso mi sono visto come un personaggio. Si tratta di: Derealizzazione A volte perdo il controllo, mi arrabbio, e non posso controllare ciò che faccio. In alcune occasioni, sono diventato molto aggressivo...ho frammenti di ricordi di quei momenti, come sequenze incoerenti di un film...Poi mi stringo la testa tra le mani, mi sento molto in imbarazzo, molto in colpa...Ma non posso impedire che questo accada di nuovo. Penso che ci siano un'Anna buona e un'Anna malvagia...Cerco di prevenire la comparsa dell'Anna malvagia, ma a volte lei mi controlla completamente...E' molto vendicativa, in particolar modo con gli uomini. L'altro giorno ho trovato una denuncia che avrei presentato...Ma non mi ricordo di questo...lo so che è stata l'Anna malvagia, ma non riesco a ricordare niente...A volte mi ricordo quando lei appare, ma questa volta non riesco. Si tratta di: Confusione dell'identità Laura, una bella ragazza di 21 anni, dice: “Da due anni quando mi guardo allo specchio o quando faccio caso al mio corpo mi sento sgradevole; è difficile da spiegare, ma è come se mi facessi schifo, disgusto. Guardo le mie cosce o la mia pancia e mi sembra di vedere tanta ciccia o cellulite. Solo quando riesco a mangiare poco mi sembra di essere a posto e non volgare, quindi spesso mi metto a fare lunghi digiuni o diete ferree. Il problema è che poi, o perché sono soddisfatta di me e mi voglio premiare, o perché mi sento depressa e non ne posso più della dieta, mi concedo di interromperla. A quel punto in un attimo mi risento uno schifo e mi ritrovo ad abbuffarmi di schifezze e ricomincio con abbuffate e vomito. Più mangio e più mi viene voglia di provocarmi il vomito; però poi più vomito e più mi sento uno schifo e ho voglia di mangiare. Mi sembra di non riuscire a pensare ad altro che al cibo: o perché non mangio, o perché mangio, o perché devo eliminare quello che ho mangiato”. Si tratta di: Bulimia Nervosa Cinzia è una ragazza di 25 anni, è alta 1 metro e 65 e pesa 40 chili. Nonostante sia gravemente sottopeso continua a vedersi grassa e brutta e si arrabbia con chi le fa notare che ormai "sembra uno scheletro". Gran parte della sua vita è legata al controllo del cibo, al calcolo delle calorie introdotte ed eliminate, a pesarsi ogni giorno con ansia (e se la bilancia non segna un calo, inizia l'angoscia o la rabbia verso se stessa per non essere stata abbastanza forte) e a guardarsi allo specchio cercando ogni piccola imperfezione. Appena finito il pranzo fatto di 2 foglie d'insalata e un cracker si sente in colpa per aver mangiato e all'avvicinarsi della cena inizia già a salire l'ansia. Quando qualcuno le chiede di mangiare o le fa notare quanto poco ha mangiato, si arrabbia e lascia il tavolo. Si tratta di: Anoressia nervosa Marco è un uomo in grave sovrappeso. Tutte le volte che rientra dal lavoro, dove ha avuto diversi scontri col capo e fastidi da parte dei clienti, viene accolto dalla moglie che lo rimprovera per questo e per quello. Marco si sente solo e non capito...sente vuoto nella zona dello stomaco e un enorme fastidio, cena regolarmente ma i pensieri sul lavoro e sul giorno dopo non lasciano la sua mente. Appena la moglie va a letto, Marco si reca in cucina e svuota il frigorifero senza neanche rendersene conto, mangia di tutto e senza un ordine, ingurgita velocemente e senza neanche sentire i sapori di ciò che mette in bocca. Finito il tutto si sente in colpa e promette a se stesso che la prossima volta sarà più forte e che non cederà all'impulso. Si tratta di: Disturbo da alimentazione incontrollata |
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Blog del Dr. Fabio Boccaletti - Psicologo e PsicoterapeutaCategorie
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