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8/9/2013

Quali processi mantengono i disturbi d'ansia?

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Spesso le persone che soffrono di disturbi d'ansia non sono consapevoli di mettere in atto processi mentali o comportamenti che fanno si che il loro problema si mantenga anziché risolversi. Esistono alcuni macroprocessi che ora andrò a descrivere responsabili di questo fenomeno.
  1. Avere scopi senza alternative costruite. Ogni scopo rappresenta uno stato desiderato del Sè (come vorrei essere, come vorrei stare, ecc.) e del mondo ed è evidente che ci sia una forte preferenza delle persone verso la sua realizzazione. La presenza di un solo scopo strumentale, o di pochi scopi strumentali che servono a uno scopo sovraordinato (più importante), è un elemento di vulnerabilità e dunque rappresenta una predisposizione allo sviluppo di sofferenza psicologica in quanto se quella strategia di perseguimento dello scopo sovraordinato non dovesse funzionare non si hanno strategie alternative di perseguimento. (Es. Se credo che laurearmi sia l'unico modo di ottenere un lavoro soddisfacente (scopo sovraordinato), se qualcosa minaccia la laurea (esami che non vanno, difficoltà nello studio, ecc.), non avendo alternative costruite, sperimenterò ansia elevata). L'intensità dell'ansia è direttamente proporzionale al coefficiente di valore dello scopo che si percepisce minacciato. Lo scopo non è percepito solo come importante ma come assolutamente irrinunciabile, dal momento che l'ipotesi opposta non è, in alcun modo, rappresentata. A essere decisiva è la mancanza di scenari alternativi. Le persone con disturbi d'ansia sono costantemente impegnate per evitare con certezza l'eventualità negativa (non realizzare lo scopo) anziché impegnarsi a costruire quella positiva (es. Il fobico sociale non si sforza di fare bella figura ma cerca in tutti i modi di non fare brutta figura, chi soffre di attacchi di panico non si impegna a vivere ma ad evitare di morire).
  2. Evitamento. E' una modalità mentale e comportamentale, un processo che consiste nel tenersi lontano da quei luoghi, circostanze e situazioni in cui l'esperienza ansiosa si è precedentemente verificata o pur senza mai essersi verificata prima ha, secondo la persona, più possibilità di verificarsi in futuro. La persona non vuole più sperimentare rischiando di veder realizzato l'evento temuto, rinuncia ad andare a scoprire le carte. Così facendo essi si impediscono di poter cambiare idea rispetto a quanto temono, costringendosi a evitamenti sempre più estesi e penosi.
  3. Errore metacognitivo. Rappresenta un elemento centrale in tutti i disturbi d'ansia. Esso consiste nell'interpretare un'attivazione emotiva come segnale di pericolo in atto e non come segnale di pericolo percepito e che quindi può esserci o meno. I sintomi fisici dello spavento e della paura generano ulteriore ansia perché vengono interpretati come la prova che l'evento temuto si stia veramente realizzando in quel momento. Nei disturbi d'ansia, l'ansia non viene riconosciuta dalla persona come un'attivazione emotiva e da segnale di pericolo diventa essa stessa un pericolo.
  4. I bias: le trappole del giudizio intuitivo in condizione di minaccia percepita. Con il termine "bias" ci si riferisce agli errori che gli esseri umani compiono nell'esprimere giudizi e nell'assumere decisioni. Quali sono allora i criteri che definiscono un "buon pensiero", ossia quel modo di ragionare che riduce la possibilità di commettere errori pratici? Baron (2000) definisce quattro criteri: formulare più ipotesi alternative, cercare informazioni contrarie oltre a quelle che confermano l'ipotesi focalizzata, utilizzare in modo funzionale il tempo e le risorse per la fase 1 e 2 (né troppo, né troppo poco) ed infine avere una "giusta" fiducia nelle proprie conclusioni. Nei casi di ansia patologica, le persone non seguono i principi del ragionamento pragmatico, quindi: effettuano un esame dei fatti limitato, ossia una ricerca incompleta di informazioni e dati trascurando ipotesi alternative, pur avendo tempo disponibile e rischiando di pagare costi ridotti per la ricerca di informazioni; tengono conto solo dell'ipotesi focale, vale a dire non considerano ipotesi alternative e ricercano solo evidenze compatibili con l'ipotesi che stanno tenendo sotto controllo; hanno un'eccessiva fiducia nella veridicità delle proprie conclusioni, anche se queste derivano da un esame limitato dei fatti e da una ricerca troppo frettolosa e sbrigativa; pensano troppo a lungo prima di decidere, tanto da pagare dei costi spropositati rispetto alla posta in gioco e ai possibili vantaggi.

Bibliografia:
S. Sassaroli, R. Lorenzini, G.M. Ruggiero - "Psicoterapia cognitiva dell'ansia" - Raffaello Cortina Editore

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