DR. FABIO BOCCALETTI - PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA
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24/1/2025

Dipendenza Affettiva e Terapia Breve Trasformativa: Un Approccio Innovativo al Cambiamento

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Dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva è un fenomeno complesso che si manifesta come un bisogno estremo di approvazione e affetto da parte di un partner o di una figura significativa. Questo legame può diventare malsano, portando a perdita di autonomia, bassa autostima e comportamenti ossessivi. Affrontare la dipendenza affettiva richiede un intervento mirato che non solo allevi i sintomi, ma favorisca una trasformazione profonda del modo in cui l'individuo percepisce se stesso e le relazioni. Tra i vari approcci terapeutici, la Terapia Breve Trasformativa (TBT) si distingue per la sua efficacia nel promuovere il cambiamento rapido e duraturo.

Dipendenza Affettiva: Definizione e Sintomi
 
La dipendenza affettiva si caratterizza per:

  1. Paura dell’abbandono: la persona teme costantemente di essere lasciata sola, portandola a tollerare comportamenti tossici pur di mantenere la relazione.
  2. Bisogno di controllo: si manifesta un tentativo continuo di gestire l'altro per evitare conflitti o separazioni. 
  3. Perdita di sé: Il dipendente affettivo spesso sacrifica i propri bisogni e valori per compiacere l’altro. 
  4. Cicli emotivi estremi: Fasi di idealizzazione e disperazione sono comuni, causando instabilità emotiva.
 
Le cause della dipendenza affettiva possono essere ricondotte a esperienze di attaccamento insicuro durante l’infanzia, traumi emotivi o modelli relazionali disfunzionali.
 
Cos'è la Terapia Breve Trasformativa?
 
La Terapia Breve Trasformativa (TBT) è un approccio innovativo che integra elementi di psicoterapia breve, neuroscienze e tecniche di trasformazione emotiva. Il focus della TBT non è solo sul sintomo ma sulla ristrutturazione profonda delle credenze e delle emozioni alla base del comportamento disfunzionale.

Caratteristiche principali della TBT:

  • Orientamento al risultato: l’obiettivo è ottenere cambiamenti visibili in poche sessioni
  • Ristrutturazione delle credenze: si lavora sulle convinzioni limitanti che alimentano la dipendenza affettiva, come "Non sono abbastanza" o "Ho bisogno dell’altro per essere felice"
  • Regolazione emotiva: attraverso tecniche mirate, i pazienti apprendono come gestire emozioni intense e rompere il ciclo di co-dipendenza. 
 
Applicazione della TBT alla Dipendenza Affettiva
 
L'approccio trasformativo è particolarmente efficace per trattare la dipendenza affettiva, poiché interviene su più livelli:

  1. Identificazione dei modelli di pensiero: il terapeuta aiuta il paziente a riconoscere schemi disfunzionali, come la tendenza a idealizzare il partner o a cercare costantemente conferme..
  2.  Decostruzione dell'idealizzazione dell'altro: la persona dipendente rimane attaccata a idee e immagini idealizzate dell'altro e fatica nel riconoscere (o dare importanza) i difetti della persona da cui dipende. Con il lavoro si cerca di portare la persona ad avere un'immagine reale dell'altro.
  3. Decostruzione delle paure radicate: attraverso tecniche specifiche, si lavora sulla paura dell’abbandono, rendendo il paziente consapevole del proprio valore intrinseco.
  4. Rinforzo dell’autonomia: la TBT promuove la costruzione di un’identità forte e indipendente, spingendo l’individuo a riscoprire passioni e obiettivi personali.  
  5. Interventi pratici: il paziente viene guidato nell’implementare cambiamenti concreti nel proprio comportamento, come il porre confini sani e ridurre la dipendenza emotiva.
 
Conclusioni
 
La dipendenza affettiva è una condizione che può limitare profondamente la qualità della vita, ma grazie alla Terapia Breve Trasformativa è possibile liberarsi da questi legami emotivi oppressivi. Questo approccio innovativo offre un percorso concreto per riconquistare autonomia e benessere, aiutando le persone a vivere relazioni più appaganti e autentiche.
Per chi cerca una soluzione efficace, la TBT rappresenta una scelta valida e moderna, capace di trasformare non solo il modo di vivere le relazioni, ma anche il rapporto con se stessi.

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4/3/2019

La vergogna, emozione spesso trascurata nel lavoro terapeutico

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In questo articolo vi parlerò della vergogna in quanto emozione spesso trascurata ma che, invece, dovrebbe fare da linea guida nel lavoro terapeutico. Per alcuni pazienti il desiderio di nascondere la vergogna può essere più forte del desiderio di nascondere se stessi (Rycroft, 1970), e da qui il motivo per cui esce poco in terapia.
Iniziamo col dire che la vergogna è un'emozione che implica autocoscienza: non è possibile provarla senza confrontarsi con le proprie azioni, con le proprie convinzioni, con i propri modelli di comportamento. Presuppone infatti un atteggiamento introspettivo tipico dell'uomo. Proprio per questa sua caratteristica, nello sviluppo dell'essere umano, compare tra i 2 e i 3 anni assieme al giudizio di valore.
La vergogna viene percepita a livello fisico con la comparsa di rossore (nelle parti visibili agli altri), tachicardia, caldo o freddo intensi e i tipici atteggiamenti di ripiegamento del corpo, inclinazione del capo in avanti o accasciamento mostrando il ventre, diversione dello sguardo (si distoglie lo sguardo). La percezione di sé è quella di appartenere ad un basso rango sociale e degli altri come superiori: ci si sente come se gli altri potessero leggerci dentro (da cui la voglia di scomparire, nascondersi allo sguardo).
Questa emozione è tipica della sequenza emotiva del sistema motivazionale interpersonale di rango, il quale rappresenta un'alternativa evolutiva ai sistemi rettiliani di predazione, difesa e territorialità, dai quali prende in prestito alcuni comportamenti e sensazioni.
Per comprendere meglio quanto appena scritto, ritengo necessario scrivere di questi sistemi perché diventerà necessario saperli riconoscere nel paziente, da un lato per facilitare il nostro lavoro e dall'altro per aiutarlo a diventarne consapevole.
Partiamo col concetto di "cervello tripartito" (MacLean, 1973): il cervello si può dividere in tre parti sia seguendo lo sviluppo ontogenetico di quest'ultimo, sia seguendo la disposizione delle sue strutture, da quelle più profonde (più antiche) a quelle più superficiali (più recenti). Abbiamo quindi il cervello rettiliano, adibito alla sopravvivenza dell'organismo; il cervello limbico, adibito alle emozioni e alle relazioni sociali; la neocorteccia (il cervello pensante), adibita alla memoria episodica, alla creatività, al linguaggio e a tutte le funzioni cognitive superiori. Questi tre cervelli funzionano in armonia nell'uomo per mezzo della coscienza, in un sistema in cui chi sta sopra gestisce chi sta sotto ma, a causa di nostre esperienze passate, talvolta si assiste ad un vero "colpo di stato" da parte di uno dei tre (eterarchia) che tende a soffocare gli altri e noi, di conseguenza, tendiamo ad avere un'azione rettiliana, emotiva o razionale. Gran parte del lavoro in psicoterapia, pertanto, consiste nell'arrivare alla consapevolezza con conseguente armonizzazione dei livelli che funzionano troppo o troppo poco.

Cervello Rettiliano

E' il più antico e può essere considerato la parte animale più a contatto con gli istinti primordiali e le reazioni autonome di fuga e attacco. Le sensazioni più rettiliane sono quelle legate al respiro, contrazioni muscolari, fisicità dell'esperienza, cuore che batte, sensazioni di caldo/freddo.
I Sistemi Motivazionali Biologici, di cui è responsabile, sono legati alla regolazione delle funzioni vitali:
  • omeostasi dell'organismo (alimentazione, termoregolazione, cicli sonno-veglia)
  • Predazione e/o raccolta di cibo
  • Difesa
  • Esplorazione dell'ambiente
  • Territorialità (difesa del territorio)
  • Riproduzione
E' caratterizzato da memorie procedurali (quindi non sotto il controllo della coscienza) e automatiche.
Il paziente rettiliano ha problemi di territorialità, possessività, aggressività, col cibo, nella sessualità (problemi di competizione, timidezza, paura di combattere); le relazioni sono vissute come amore/eros (amore romantico, passionale, possessivo, fino alla violenza, un amore di conquiste che riduce l'altro a oggetto del proprio piacere e ignora ogni dimensione di sacrificio, di fedeltà e di donazione di sé); ha mappe del territorio rigide con comportamenti stereotipati e ritualistici e difficoltà ad uscire dalla zona sicura; ha problemi legati alla sopravvivenza da attacco del predatore (impotenza, rassegnazione); infine, presenta un attaccamento disorganizzato.

Cervello Limbico

E' la sede delle emozioni, è la parte più "calda" e può essere considerata la sede delle nostre parti infantili.
Le motivazioni del cervello limbico sono relative alle interazioni fra conspecifici (Sistemi Motivazionali Interpersonali) ed operano al di fuori della coscienza.
I Sistemi Motivazionali Interpersonali di cui è responsabile sono:
  • Sistema di Attaccamento che permette la sopravvivenza degli esseri viventi attraverso il legame affettivo e la coesione sociale
  • Sistema di Accudimento che permette di prendersi cura dei conspecifici
  • Sistema di Rango che permetta la formazione di una gerarchia nel gruppo per chi ha accesso prima a risorse limitate
  • Sistema di formazione della coppia sessuale
  • Sistema cooperativo per effetto del quale più individui si coalizzano al fine di ottenere qualcosa da condividere
Esso è inoltre caratterizzato da memorie episodiche.
Il paziente limbico è attento alle emozioni che sperimenta quando presta attenzione a qualcosa, è infantile e fa frequentemente richieste (fatica nel raggiungere lo stato di calma e nell'esplorare), è affettivo, materno, compassionevole (vive problemi nel farsi carico dei problemi altrui); è interessato alle relazioni sentimentali, che vive come amore/mania (simbiosi e alti livelli di dipendenza); è competitivo (vive problemi con i ruoli di dominanza/sottomissione); è disposto a cooperare (evidenzia problemi tra pariteticità e relazioni gerarchiche) e presenta un attaccamento ambivalente.

Neocorteccia

La neocorteccia è quella parte del cervello che è sede del linguaggio e di quei comportamenti basati sul problem solving, che ci permettono di affrontare situazioni nuove e di prevedere il futuro. Essa ha il compito di creare connessioni tra fenomeni che ci accadono, determinandone le cause in funzione delle conoscenze soggettive. Vi hanno sede le più importanti e complesse funzioni cognitive: la memoria, la coscienza di sé, la concezione di causalità, la capacità di fare previsioni, il giudizio morale. E' inoltre responsabile dello sviluppo dell'intersoggettività e della costruzione di significati. Può essere considerata la nostra parte adulta: quella che dovrebbe comprendere e filtrare gli altri due cervelli per decidere.
Il paziente corteccia è razionale, freddo, tende alla distanza, arrogante, convinto di sapere, stanco di prendersi responsabilità. Le relazioni sentimentali sono improntate ad amore/ludus (alti livelli di idealizzazione, poca intimità, freddezza, dovuto più ad imposizione della volontà che non a slancio). Presenta un attaccamento evitante.

La Coscienza

Conferisce armonia alla persona integrando le informazioni, i ricordi e le istanze dei tre livelli dell'architettura cerebrale. Viene identificata nell'Io, ci consente di avere un'idea unitaria e continua di noi e del mondo, è alla base del concetto di identità attraverso il tempo. essa ha anche il difficile ruolo di assumersi la responsabilità e indirizza la volontà verso un'azione consapevole.
Il paziente coscienzoso può acquisire e utilizzare nuovi comportamenti e nuove esperienze. Le relazioni sentimentali sono investite di amore autentico: eros (passione) e agape (amore disinteressato), con alti livelli d'intimità, passione e impegno. Si prende cura di se stesso. Ha un attaccamento sicuro.

Entriamo ora più nello specifico parlando dei tre sistemi motivazionali biologici da cui si sviluppa il sistema motivazionale interpersonale di rango del quale la vergogna è una delle emozioni: il sistema predatorio, il sistema di difesa e il sistema territoriale.
  1. Il Sistema Predatorio ha come meta l'aggressione finalizzata al procacciamento del cibo; è attivato dalla fame mentre si disattiva raggiunta la sazietà. I comportamenti tipici sono quelli dell'appostamento, agguato, inseguimento caratterizzati da bramosia e attacco, ferimento letale e  consumazione, tutti atteggiamenti caratterizzati da piacevole eccitamento.
  2. Il Sistema di Difesa ha come meta la conservazione della propria incolumità; è attivato dalla percezione di una minaccia (attacco di un predatore), di stimoli dolorosi o blocco del movimento; si disattiva con la percezione di cessato pericolo. I comportamenti tipici sono quelli di immobilizzazione con allarme vigile, a cui seguono attacco con rabbia distruttiva o fuga con paura. Se queste due risposte non sono possibili, si ha la finta morte con emozione d'impotenza estrema.
  3. Il Sistema Territoriale ha come meta la delimitazione di uno spazio privilegiato dove vivere; si attiva quando viene invaso il territorio e si disattiva quando l'intruso abbandona il territorio. I comportamenti tipici sono presi in prestito dal sistema di difesa.
Il sistema di rango si sviluppa con il cervello limbico, cooptando (prendendo in prestito) il sistema di difesa ed è utilizzato nella dimensione sociale dell'aggressività ritualizzata finalizzata a definire il rango di dominanza/sottomissione nel gruppo dei conspecifici. In particolare si osserva l'attacco del vincitore che non arriva all'uccisione dello sconfitto per l'intervento del disprezzo (analogamente al disgusto, da cui deriva, che ci impedisce di mangiare cibo avariato), ma si condivide il territorio con diversi gradi di vicinanza reciproca stabiliti dal livello di rango, e la fuga dello sconfitto attraverso i segnali di resa (capo chinato, esposizione dell'addome, alzando le mani). La vergogna compare proprio per accompagnare la risposta di sottomissione.
Il sistema di rango ha come meta la definizione del rango di dominanza o sottomissione; è attivato dalla percezione di risorse limitate accessibili ad uno solo degli interagenti, da segnali mimici di sfida, nell'uomo da ridicolizzazione, colpevolizzazione o giudizio (quando si stabiliscono meriti o demeriti, si danno consigli) e si disattiva in seguito a segnali di resa o per l'attivazione di un altro sistema motivazionale (sessuale, accudimento o cooperazione). I comportamenti sono quelli dell'aggressività ritualizzata. La sequenza emotiva tipica parte da collera da sfida, dopodiché può comparire paura delle maggiori capacità agonistiche dell'altro, il quale, invece, prova orgoglio: l'orgoglio di uno porta alla resa dell'altro con conseguente vergogna e umiliazione. I segnali di resa fanno si che il vincitore disprezzi il perdente che prova tristezza da sconfitta e il vincitore si sente superiore, mentre il perdente prova invidia nei sui confronti (funzionale al raccogliere le forze, migliorarsi e programmare una nuova sfida). Importante è sapere che, a volte, si fugge dalla vergogna distanziandosi dall'immagine di sé umiliata, perciò alla vergogna si sostituisce di nuovo la collera da sfida.
Si prova vergogna e umiliazione anche nei traumi dell'attaccamento, o in seguito all'attivazione del rango (derisione, rifiuto, disprezzo, minimizzazione), anziché dell'accudimento, o come conseguenza della mancata "connessione emotiva" (Shore, 1997): anche semplici rimproveri, più o meno severi, inducono la vergogna nel bambino per la disapprovazione del genitore. Se il genitore non ripara l'esperienza recuperando la relazione, ascoltando il figlio, empatizzando con lui, manifestando attenzione e calore, comunicando in modo adeguato, il bambino non si sentirà più amabile e accettabile, valido e competente, forte e capace. Un'altra situazione chiave per lo sviluppo della vergogna si verifica quando il rango coopta l'accudimento: il genitore tende ad usare il ruolo di dominanza, al quale è asservita la cura, per cui la meta è stabilire la gerarchia. Il messaggio è: "io ti aiuterò, a patto che tu scelga quello che dico io". Una sua variante è: "ti voglio bene perché mia hai fatto fare bella figura", "se sei bravo, allora sei degno del mio amore e mi prendo cura di te".
Esiste anche un tipo di vergogna, chiamata vergogna esterna, provata, non per qualcosa che riguarda un giudizio su di noi, ma un giudizio su qualcosa di esterno a noi che ci fa apparire inferiori in qualcosa. Esempi sono: vergognarsi di come sono persone a noi care (in situazioni sociali, per il lavoro che svolgono, per il livello di cultura, ecc.), vergognarsi della nostra posizione economica, ci si può vergognare (o sentirsi in colpa se si immagina il dispiacere dell'altro di sapere ciò che pensiamo di lui) di vergognarsi di qualcuno e così via.
Essenziale, nel lavoro terapeutico, è indagare tutte queste possibili situazioni per poi lavorarci assieme al paziente in modo cooperativo evitando di ricadere nei sistemi di rango o accudimento.

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3/3/2015

Come mai certe persone si trovano sempre coinvolte in relazioni sbagliate?

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E' noto che esistono alcune persone che si trovano sempre coinvolte in relazioni dolorose ed a volte dannose. Come mai queste stesse persone, quando riescono ad uscire da queste relazioni disfunzionali, si ritrovano spesso in una situazione simile anche se si ripromettono di non cascarci più?
Vediamo di provare a dare una spiegazione semplice, ma non semplicistica, sfruttando il passatempo del Puzzle. Iniziamo col paragonare ciascuna persona ad una tessera del gioco la cui forma dipende da tante cose: personalità, aspettative relazionali, desideri, bisogni che ci portano a certi comportamenti, emozioni, sensazioni.
Se noi abbiamo una certa forma, questa per esempio:

Tessera rossa
è chiaro che ci troveremo bene e in sintonia con persone che hanno una forma complementare alla nostra, tipo quest'altra:
Tessera blu
Incastro
Tessera gialla
ed inizio a dirmi: "questa sì che è diversa!", "è sicuramente diversa, è gialla e non blu come quella precedente". Ma siamo sicuri sia così? E la risposta è inevitabilmente no. Nonostante all'apparenza sia diversa, infatti una tessera è blu e una gialla, la FORMA E' LA STESSA. Ciò che determina il tipo di relazione è la forma (o gli schemi cognitivi in gioco) quindi, finché non mi renderò consapevole della forma che ho io, della forma (e non del colore) che mi attrae di più perché si incastra alla perfezione con me e inizierò a pormi delle domande nel momento in cui una persona mi piace al 100%, non ho molte possibilità di cambiare le cose.
Per alcune persone è meglio rischiare di conoscere forme diverse, anche se all'inizio non si incastrano esattamente, perché magari, col tempo, entrambe si possono modificare ed incastrarsi. Certo...per compiere questo passo è necessario vincere la paura/diffidenza iniziale: per la mente è più "sicura" una relazione con un tipo di persona sbagliata ma prevedibile, che con una magari positiva ma sconosciuta.

infatti:
Se questa relazione risulta positiva, quindi virtuosa, dove entrambi i membri stanno bene, si capiscono, si aiutano, ecc. tutto va bene. Ma cosa capita quando la relazione risulta negativa, disfunzionale? La relazione ovviamente s'interrompe (o è auspicabile che succeda. Infatti ci sono situazioni che si trascinano con sofferenza di uno o entrambi perché diventa "vitale" avere una relazione piuttosto che il benessere personale) e io, la tessera rossa, ne cercherò un'altra ripromettendomi di non ricascare nell'errore, di trovarne una diversa, di stare attento e a questo punto incontro questa:

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2/3/2014

La struttura degli schemi interpersonali patogeni

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Lo schema interpersonale è una struttura procedurale intrapsichica, una rappresentazione soggettiva del destino a cui andranno incontro i nostri desideri nel corso delle relazioni con gli altri. E' una struttura consolidatasi nel tempo e derivante da innumerevoli esperienze di apprendimento, da quelle precoci a quelle più recenti delle relazioni tra pari, tra colleghi, sentimentali, che sono state generalizzate.
Lo schema si articola a partire da un desiderio guidato da immagini di sé che tendono a prevedere se quel desiderio sarà soddisfatto o meno; il desiderio attiva piani o procedure volti alla sua soddisfazione di tipo "se...allora..." che tipicamente elicitano una risposta dell'Altro. Tale risposta genera una risposta del Sé alla risposta dell'Altro di tipo emotivo, comportamentale e cognitivo.
Nei disturbi di personalità gli schemi sono attivati con facilità e spesso generano emozioni intense e disregolate, difficili da modulare perché sono difficili da mettere in discussione gli assunti che ne sono alla sorgente. Gli schemi interpersonali non sono, quindi, letture sensibili di quello che effettivamente accade nelle relazioni, essi generano interpretazioni rigide e disfunzionali, impedendo visioni alternative. Questa modalità di porsi indurrà nell'Altro risposte che facilmente confermeranno lo schema.
Nei pazienti con disturbi di personalità le rappresentazioni si sé più comuni sottostanti al raggiungimento dei desideri si ricollegano alle seguenti credenze di base: non amabile, non adeguato, difettoso, immeritevole, di scarso valore, impotente, paralizzato, colpevole, incompetente, diffidente, tradito e onnipotente. Tra le tipiche rappresentazioni dell'altro vi sono le credenze: altro minaccioso, rifiutante, abusante, ipercritico, controllante, inetto, incapace, ingannevole, meritevole di punizione, ideale.
La rappresentazione disfunzionale del sé contenuta nello schema patogeno è il motivo alla base della sofferenza o disfunzione sociale per cui il paziente comincia una terapia, mentre la rappresentazione del sé funzionale è alla base della speranza del paziente di trovare un partner relazionale, a partire dal terapeuta, che lo faccia sentire amabile o valido.

Bibliografia:
G. Dimaggio, A. Montano, R. Popolo, G. Salvatore - "Terapia metacognitiva interpersonale dei disturbi di personalità" - Raffaello Cortina Editore

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