DR. FABIO BOCCALETTI - PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA
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18/6/2018

Principali categorie di psicofarmaci e loro uso in abbinamento alla psicoterapia

10 Commenti

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Prima di vedere come questi farmaci possano essere utilizzati come aiuto in particolari momenti di una psicoterapia, vediamo di conoscerli un po' meglio.
Con il termine generico di psicofarmaci vengono intesi tutti quei principi attivi che agiscono a livello del Sistema Nervoso Centrale (SNC), che aumentano o diminuiscono il rilascio di particolari neurotrasmettitori. Le principali categorie di psicofarmaci sono quattro:
  • Ansiolitici
  • Sedativi Ipnotici
  • Antidepressivi
  • Antipsicotici o Neurolettici
L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato sul suo sito (Maggio 2018) uno studio sul consumo degli psicofarmaci (antidepressivi, antipsicotici e ansiolitici) nel triennio 2015 - 2016 - 2017, da cui emerge che il trend d'impiego è pressoché stabile. In particolare, tra il 2015 e il 2017, per quanto riguarda gli antidepressivi, i consumi si attestano su una media di 40 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti (vuol dire che ogni giorno 1000 abitanti consumano in media 40 dosi di antidepressivi). Per gli antipsicotici si parla di 9 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti mentre per gli ansiolitici si registra un lieve aumento nel 2017 con una media di 50 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti (AIFA, 2018).

ANSIOLITICI

I farmaci ansiolitici trovano impiego nel trattamento dei disturbi d'ansia di vario genere. Poiché si ritiene che i disturbi ansiosi siano legati a neurotrasmettitori quali l'acido γ-amminobutirrico (GABA), la serotonina e la noradrenalina, i farmaci ansiolitici vanno ad agire a livello dei sopracitati neurotrasmettitori.
Gli ansiolitici a loro volta si dividono in:
  1. BENZODIAZEPINE: sono farmaci ampiamente utilizzati per il trattamento dell'ansia ed esplicano la loro attività attraverso il potenziamento del segnale del GABA. Quest'ultimo è il neurotrasmettitore inibitorio più importante del SNC per cui l'aumento della trasmissione GABAergica, indotta dalle benzodiasepine, risulta molto efficace per contrastare i disturbi ansiosi. Fra le varie benzodiazepine più utilizzate ricordiamo il Diazepam (Valium®), l'Alprazolam (Xanax®) e il Lorazepam (Tavor®).
  2. AGONISTI PARZIALI DEI RECETTORI PER LA SEROTONINA: effettuano la loro azione svolgendo un'azione agonistica (si legano prima) parziale nei confronti dei recettori per la serotonina 5-HT1A. A differenza delle benzodiazepine non provocano sedazione o possibili disturbi del movimento. Di contro possono dare effetti collaterali come nausea, mal di testa, vertigini. Fra i principi attivi più importanti troviamo il Buspirone (Axoren® o Buspar®) e l'Ipsapirone.
  3. BETA-BLOCCANTI: non vengono utilizzati per il trattamento dell'ansia in sé, quanto per diminuirne i sintomi come tachicardia, tremori e palpitazioni. Fra i principi attivi più conosciuti troviamo il propranololo (Inderal®). Sono più utilizzati per altri disturbi non legati all'ansia come profilassi post infartuale, controllo dell'ipertensione arteriosa, controllo delle aritmie cardiache e profilassi dell'emicrania.
  4. ANTIEPILETTICI: in particolare il Pregabalin (Lyrica®) è utilizzato, oltre che come antiepilettico e per il trattamento del dolore neuropatico centrale o periferico, per trattare il disturbo da ansia generalizzato. La sua struttura chimica somiglia molto al GABA, perciò svolge la sua azione legandosi ai canali del calcio voltaggio dipendenti.

SEDATIVI IPNOTICI

I sedativi ipnotici sono una particolare classe di psicofarmaci impiegata nel trattamento dell'insonnia. Per questo motivi vengono chiamati "farmaci per dormire" o sonniferi. Generalmente, gli effetti terapeutici dei sedativi ipnotici sono dose-dipendenti, cioè dipendono dalla quantità di farmaco somministrato: a basse dosi, i sedativi ipnotici inducono sedazione; a dosi maggiori, provocano ipnosi (cioè sonno).
Si dividono in:
  1. BENZODIAZEPINE: in questo caso vengono scelti principi attivi a maggior effetto ipnoinducente come il Lorazepam (Tavor®), il Flurazepam (Flunox® o Dalmadorm®), il Triazolam (Halcion® o Songar®), il Lormetazepam (Minias®), il Clonazepam (Rivotril®), che viene utilizzato per il trattamento dell'epilessia ma off-label per il trattamento dell'ansia, e il Bromazepam (Lexotan®).
  2. Z DRUGS: come lo Zolpidem (Stilnox®), lo Zopiclone (Imovane®) e lo Zaleplon (Sonata®).
  3. BARBITURICI: sono stati i primi sedativi ipnotici ad essere impiegati ma, per il loro ristretto indice terapeutico e per la loro tossicità, si preferiscono le benzodiazepine. Oggi trovano maggior impiego come antiepilettici o anestetici.
In qualsiasi caso, tutti gli psicofarmaci sopra citati sono in grado di esercitare la loro attività sedativo-ipnotica attraverso il potenziamento del segnale dell'acido γ-amminobutirrico, quindi attraverso l'incremento della trasmissione GABAergica.

ANTIDEPRESSIVI


Gli antidepressivi sono psicofarmaci largamente impiegati nel trattamento dei disturbi dell'umore, quali la depressione e il disturbo bipolare, ma non solo. Infatti, questi principi attivi vengono utilizzati anche nel trattamento di altri disturbi e patologie, come il dolore neuropatico, i disturbi ossessivo-compulsivi e i disturbi d'ansia.
Gli psicofarmaci ad azione antidepressiva esplicano la loro attività sostanzialmente attraverso la modulazione della neurotrasmissione serotoninergica, noradrenergica e dopaminergica. Più precisamente, gli antidepressivi aumentano il segnale di questi neurotrasmettitori.
Gli antidepressivi possono essere classificati in funzione della struttura chimica e del loro meccanismo d'azione.
  1. ANTIDEPRESSIVI TRICICLICI (TCA): sono i primi ad essere stati scoperti ma oggi vengono poco usati a causa dei molti effetti collaterali. Infatti, i TCA, oltre ad aumentare la trasmissione noradrenergica e serotoninergica, agiscono anche a livello di altri siti recettoriali, provocando così effetti indesiderati di vario genere, alcuni dei quali anche gravi. Principi attivi di questa categoria sono la Clomipramina (Anafranil®) e l'Amitriptilina (Laroxil®).
  2. INIBITORI SELETTIVI DELLA RICPTAZIONE DELLA SEROTONINA (SSRI): questi psicofarmaci potenziano in maniera selettiva il segnale del neurotrasmettitore serotonina. A questo gruppo appartengono principi attivi come la Fluoxetina (Prozac®), la Sertralina (Zoloft®), la Paroxetina (Sereupin® o Seroxat®), l'Escitalopram (Cipralex®) e la Fluvoxamina (Fevarin®). Inoltre, alcuni di questi principi attivi si sono mostrati particolarmente utili anche nel trattamento di alcune forme d'ansia, del disturbo ossessivo compulsivo e della bulimia nervosa (per quest'ultima in particolare la Fluoxetina).
  3. INIBITORI DELLA RICAPTAZIONE DELLA SEROTONINA E NORADRENALINA (SNRI): hanno un meccanismo di azione multiplo come i triciclici, inibiscono in modo bilanciato la ricaptazione dei recettori della serotonina e noradrenalina. I principi attivi più utilizzati sono la Venlafaxina (Efexor® o Zarelis®) e la Duloxetina (Cymbalta® o Xeristar®). Hanno azione anche sui disturbi d'ansia.
  4. INIBITORI DELLA RICAPTAZIONE DELLA DOPAMINA E NORADRENALINA (DNRI): gli antidepressivi appartenenti a questo gruppo potenziano soprattutto la trasmissione dopaminergica e, in misura inferiore, anche quella noradrenergica. Fra questi principi attivi, ricordiamo il Bupropione (Elontril®), quest'ultimo è utilizzato anche per la disassuefazione da fumo.
  5. INIBITORI SELETTIVI DELLA RICAPTAZIONE DELLA NORADRENALINA (NARI): i principi attivi appartenenti a questo gruppo aumentano selettivamente la neurotrasmissione noradrenergica. Fra questi ricordiamo la Reboxetina (Edronax®).
  6. MODULATORI DELLA TRASMISSIONE NORADRENERGICA E SEROTONINERGICA (NASSA): questo tipo di psicofarmaci esplica la sua azione antidepressiva aumentando il segnale di noradrenalina e serotonina attraverso l'interazione con specifici recettori per questi due tipi di neurotrasmettitori. Fra i principi attivi appartenenti a questo gruppo ricordiamo la Mirtazapina (Remeron®).
  7. INIBITORI DELLE MONOAMMINO OSSIDASI DI TIPO A (IMAO-A): questi antidepressivi aumentano il segnale delle monoamine (serotonina, noradrenalina, dopamina) inibendo gli enzimi deputati al loro metabolismo. Appartengono a questo gruppo la Fenelzina (Margyl®) e la Moclobemide (Manerix®).
  8. STABILIZZATORI DELL'UMORE: questo particolare gruppo di psicofarmaci, cui appartiene il Litio carbonato (Carbolithium®) o il Valproato (Depakin®), trovano impiego nel trattamento del disturbo bipolare stabilizzando la fase maniacale.

ANTIPSICOTICI o NEUROLETTICI

Gli antipsicotici (o neurolettici) sono psicofarmaci impiegati nel trattamento delle diverse forme di psicosi, come, ad esempio, la schizofrenia, i disturbi schizofreniformi, i disturbi deliranti o i disturbi psicotici indotti da sostanze. La maggior parte dei farmaci antipsicotici agisce diminuendo la trasmissione dopaminergica e aumentando quella serotoninergica. Infatti, si ritiene che i disturbi psicotici possano essere causati da un eccessivo segnale della dopamina, cui può associarsi un deficit di serotonina. Generalmente, gli antipsicotici hanno un effetto calmante e antiallucinatorio, e stabilizzano l'umore nei pazienti affetti da psicosi.
Gli antipsicotici possono essere classificati in funzione della loro struttura chimica:
  1. FENOTIAZINE: cui appartengono principi attivi come la Perfenazina (Trilafon®) e la Clorpromazina (Largactil®). Questi psicofarmaci esplicano la loro azione antipsicotica attraverso l'antagonizzazione dei recettori dopaminergici D2.
  2. BUTIRROFENONI: sono in grado di antagonizzare i recettori D2 e possiedono una certa affinità anche per i recettori 5-HT2 della serotonina. Appartengono a questo gruppo principi attivi come l'Aloperidolo (Serenase®) e lo Spiperone.
  3. DERIVATI BENZAMMIDICI: come la Sulpiride (Equilid® o Championyl®). Questi principi attivi esercitano un'azione antagonista nei confronti dei recettori D2 per la dopamina.
  4. DERIVATI BENZAZEPINICI: come la Clozapina (Leponex®), la Quetiapina (Seroquel®) e l'Olanzapina (Zyprexa®), che esercitano la loro azione antipsicotica attraverso l'antagonismo nei confronti dei recettori sia D2 che 5-HT2.

Terminata la presentazione di questi farmaci, che tanto spaventano le persone al solo sentirli nominare, vediamo di sfatare alcuni miti, di capire come si usano e quello che possono fare nel trattare un disturbo psicologico.
Innanzitutto, prima credenza errata è che questi farmaci possano fare una specie di "lavaggio del cervello", far cambiare personalità alle persone o renderle "zombi". Le prime due credenze sono semplicemente errate perché gli psicofarmaci non hanno effetto diretto sul pensiero: gli psicofarmaci agiscono sull'emotività riportandola a livelli tollerabili/normali, così come le sensazioni fisiche legate ad essa: che poi questo possa influire anche sul nostro modo di vedere le cose o sul comportamento, può esserne una conseguenza ma non un effetto diretto del farmaco, è una cosa che decidiamo noi. Sul fatto di rendere "zombi", se accade è perché sono dosati male (non dev'essere l'azione voluta del farmaco) o purtroppo un effetto collaterale degli antipsicotici di vecchia generazione dopo anni di somministrazione. Un'altra informazione che si sente spesso è che creino dipendenza e assuefazione: ciò è vero per gli ansiolitici, ma questa categoria di farmaci andrebbe assunta per periodi limitati di tempo o al bisogno; nel caso serva un'azione più lunga, conviene assumere un antidepressivo (SSRI), che non dà questi effetti. Convinzione sugli antidepressivi è che facciano ingrassare: per alcuni è vero ma per altri no (come l'escitalopram). La Fluoxetina, inizialmente, riduce addirittura l'appetito. Tante delle persone che ingrassano non realizzano che non è un effetto diretto del farmaco antidepressivo, ma del fatto che iniziano a stare bene. Molte persone depresse non si rendono conto o, se se ne rendono conto, sottovalutano, la componente ansiosa che spesso è associata alla depressione. Molti ricevono infatti diagnosi di sindrome mista ansioso-depressiva. La componente ansiosa è associata all'attivazione del Sistema Nervoso Simpatico che è accompagnata dalla parte catabolica del metabolismo: bruciamo energia per la reazione d'allarme iniziale e per mantenere la fase di resistenza (alla minaccia) poi. Quando l'antidepressivo inizia ad agire sull'ansia abbassandola, si disattiva la reazione difensiva, e con essa il Sistema Nervoso Simpatico e la parte catabolica del metabolismo. Di fatto non consumiamo più energia come prima ed inizia addirittura la fase anabolica del metabolismo, associata spesso ad un aumento dell'appetito, ovvero quella che serve per ricostruire ciò che abbiamo consumato nella fase catabolica, con conseguente aumento del peso, finché il metabolismo non si riassesta (per una spiegazione più approfondita leggi questo articolo sulla componente neurobiologica della depressione). Così come, a volte, si sente dai media che qualcuno si è suicidato a seguito dell'assunzione di antidepressivi. Ciò può avvenire se chi li prescrive non indaga bene la storia (precedenti atti autolesivi) e il disturbo della persona che ha di fronte, per esempio, non facendo domande relativi a pensieri autolesivi. Bisogna raccogliere queste informazioni perché il primo effetto dell'antidepressivo è ridare energia alla persona e, solo successivamente, agisce sull'umore: va da sé che, ridare energia ad una persona che come progetto ha quello di suicidarsi, non è esattamente funzionale, se non in regime di ricovero o sotto stretta sorveglianza.
Per quanto riguarda il loro utilizzo, è da precisare che gli psicofarmaci hanno un effetto sintomatologico: il loro beneficio si ha fintantoché si assumono, ma non curano il disturbo, ed è qui che interviene la psicoterapia (che invece incide sul disturbo). Tanti fanno l'errore di sospendere i farmaci appena stanno meglio, non capendo che stanno bene proprio perché li assumono, non perché hanno curato il disturbo. La guarigione avviene a seguito di modificazioni importanti nel modo di pensare e interpretare il mondo che ci circonda (relazioni, lavoro, impegni, ecc.), e questo non avviene per mezzo di un farmaco ma attraverso un percorso mirato di psicoterapia. Quindi, la domanda che ci potremmo porre ora è: meglio gli psicofarmaci o la psicoterapia? A mio avviso, gli psicofarmaci dovrebbero essere d'appoggio alla psicoterapia quando necessario (fatta eccezione per alcuni disturbi cronici come possono essere le psicosi o il disturbo bipolare, per i quali i farmaci sono assolutamente necessari). Nel caso in cui la sintomatologia vada a compromettere in modo significativo il funzionamento della persona e/o la fruibilità del lavoro svolto, l’assunzione di psicofarmaci può essere una valida stampella in attesa degli effetti del percorso in svolgimento.

N.B. Cortesemente non inviate commenti chiedendo consigli farmacologici, non verranno accettati: non sono un medico per cui non ho conoscenze sufficienti per poterne dare, e comunque non ne darei senza valutare di persona il paziente. Rivolgetevi al medico di famiglia o ad un medico psichiatra. Grazie.

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10 Commenti
Marina
21/11/2020 22:29:15

Ho letto l'articolo è sono d'accordo su quasi tutti i punti eccetto uno, dove scrive che gli psicofarmaci andrebbero presi solo se si soffre di bipolarismo o psicosi. Io ho attacchi di panico e ansia e sbalzi di pressione ( conseguenza) e anche tachicardia ( 130bm) secondo lei dovrei fare psicoterapia o associare anche psicofarmaci visto che non ho più il controllo per quanto riguarda pressione e battiti cardiaci?

Rispondi
Dr. Boccaletti
23/11/2020 12:29:35

Buongiorno Marina,
non credo d'aver mai scritto che i farmaci vanno presi solo in caso di disturbo bipolare o psicosi, forse l'avrò scritto in relazione ad alcune categorie di farmaci.
Quando una persona soffre di un qualunque problema psicologico può curarlo esclusivamente con i farmaci (ma sarà una cura sintomatologica e non del problema) oppure con la psicoterapia (che però ha bisogno di tempo e non può eliminare disturbi che hanno una forte componente biologica vedi disturbo bipolare e schizofrenia); esiste una terza opzione che consiste nell'uso combinato di farmaci e psicoterapia quando il paziente vuole intraprendere un percorso ma, allo stesso tempo, ha necessità di star bene subito perché il disturbo gli impedisce di uscire di casa, di andare al lavoro, di alzarsi la mattina, ecc. e quindi non può aspettare gli effetti del lavoro psicologico.
Nel suo caso non saprei cosa consigliarle senza un'attenta valutazione della situazione.

Rispondi
Bino
28/11/2020 08:42:50

Bellissimo articolo, molto esplicativo a livello tecnico.
Ho apprezzato moltissimo la parte dove dice che la terapia farmacologica, nella maggior parte dei casi, dovrebbe essere un supporto perché non può essere la cura.
Purtroppo ho constatato che non tutti i medici agiscono allo stesso modo e alcuni tendono a non ascoltare nemmeno i pazienti e le loro problematiche.
Filosoficamente parlando, la colpa non è dello strumento (la pillola) ma di chi lo usa (in questo caso intendo dire il medico), il tabù si rafforzerà fintanto che i medici lo useranno in modo improprio su persone che dovrebbero invece essere accompagnate in altri percorsi.

Rispondi
Coriani Marinella
8/12/2020 16:50:26

Con disturbi di depressione ansiosa ciclica dall'adolescenza, ho potuto constatare che quanto leggo qui è assolutamente vero e mi conforta anche. Volevo porre però un caso un po atipico accaduto qualche mese fa. Assumevo Efexor 150 da quattro anni con ottimi benefici, dopo tre settimane dall'inizio avevo smesso En come ansiolitico"tampone". Tre mesi fa in accordo con la psichiatra ho iniziato a calare efexor perché non essendo più depressa tendevo ad essere più irritabile a volte anche se posso dirlo incazzosa più del dovuto. Arrivai intanto a soli 75 in due settimane, stando davvero bene. Poi un giorno dopo sole tre settimane sono ricaduta in forte depressione, non è detto il motivo, calo dei farmaci o periodo sbagliato, sta di fatto che la psichiatra mi ha rimesso ad efexor 150 tampona do con gocce di En. Due cose domandavo in particolare:
È sufficiente tornare al dosaggio che avevo da quattro anni come copertura antidepressiva e, se è così, ci vuole un po di tempo a tornare a stare meglio? Cioè, parlando in modo molto terra terra, il mio cervello in tre settimane si era già dimenticato dei 150 mg di cui lo nutrivo quindi adesso si deve riabituare e non mi fa stare bene?
2^ domanda. La mia psichiatra ha preferito, più che tentare di cambiare antidepressivo o aumentare il mio efexor per non fare trambusto, mi ha aggiunto 50 mg di Seroquel (quietiapina) come stabilizza nte e per avere meno possibilità di ricadute. Cosa ne pensa di questa associazione? Con affetto

Rispondi
Dr. Boccaletti
9/12/2020 12:34:51

Buongiorno Marinella,
purtroppo non sono medico né psichiatra per cui non posso dare consigli in merito a terapie farmacologiche.

Rispondi
Ambrosino Maria Luisa
7/1/2021 20:09:03

bellissimo articolo bellissimo la rima volta che leggo qualcosa di veramente INTELLIGENTE, grazie

Rispondi
Elisa
21/1/2021 20:19:43

Buonasera, avrei una domanda..assumo una pastiglia di xanax a lento rilascio tutti i giorni e 1 pastiglia da 100 di zoloft..vorrei sapere se possono essere assunti tutti e 2 insieme al mattino.Grazie infinite.

Rispondi
Dr. Boccaletti
21/1/2021 20:45:01

Buonasera Elisa, credo dovrebbe chiedere al medico che glieli ha prescritti.

Rispondi
fulvia
27/3/2021 08:34:17

quali sono gli psicofarmaci che non contengono benzodiazepine e che non danno dipendenza? grazie

Rispondi
Dr. Boccaletti
29/3/2021 12:56:56

Salve Fulvia,
i farmaci senza benzodiazepine sono tutti quelli che non contengono una benzodiazepina come principio attivo.

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